"Nei rituali di inversione sociale vengono rovesciati, in un'azione simbolica, i ruoli sociali. Il re divino -dove questa figura si trova preposta all'ordinamento socio-politico- viene insultato, aggredito dai sudditi, ed egli è tenuto ad accettare tutto ciò ridendo. Si esorcizza così il rischio potenziale di disgregazione sociale e culturale che incombe sopra una società stratificata e gerarchizzata; e ciò viene fatto mediante una prassi strutturata su precise determinazioni di simboli, di circostanze e di tempi. La componente ludica è comunque fondamentale, ed essenziale risulta la sua funzione socialmente catartica.
Nei rituali d'inversione sociale si attua una ribellione contro il comportamento convenzionale della cultura e delle società. Ma è una ribellione espressa in termini ludico-simbolici, e pertanto funzionale alla conservazione di quei comportamenti. In questo senso i rituali d'inversione sociale, così come le rappresentazioni dei buffoni rituali, costituiscono occasioni istituzionali mediante le quali vengono garantiti, collaudati e confermati i valori e i modelli tradizionali, in virtù della ridicolizzazione dei medesimi in sede simbolica e in modi controllati. Ci troviamo dunque di fronte ad istituti che fungono da «custodi della tradizione», attraverso un processo di mediazione tra mito e storia, tra disordine e ordine".
Vittorio Lanternari, Festa, carisma, apocalisse (1983: 246-47).