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"Definisco la questua-cerimonia come l'attività che, in uno spazio comunitario definito e riconosciuto, e in un tempo tradizionalmente determinato, un gruppo particolare di persone (agenti) realizza visitando le famiglie della comunità (utenti) presso le loro case, proponendo a queste delle prestazioni espressive, e ricevendone doni; tali doni (per lo più alimentari) vengono usati successivamente in modo collettivo (o individuale) dal gruppo.

La struttura della questua cerimonia è fondata sul fatto che vi sia una comunità come insieme soggettivo depositario della tradizione, che, nella scadenza calendariale, si divide in un sottoinsieme di utenti e in uno di agenti che si trovano funzionalmente opposti nella attività di questua.

Un sondaggio in chiave antropologico-economica può forse essere utile. Esso può sottolineare il fenomeno di circolazione di beni, secondo la struttura asimmetrica della questua cerimonia, dove si fronteggiano l'insieme degli utenti che danno beni concretamente economici, e il gruppo degli agenti che danno attività espressive valutabili come erogazione di energia e dispendio di tempo. Questi ultimi trasformano i beni alimentari in puri valori d'uso, con il consumo finale; sottolineando il carattere cerimoniale del complesso delle transazioni".

Pietro Clemente, I canti di questua: riflessioni su una esperienza in Toscana, in “La Ricerca Folklorica” n. 6 (ottobre 1982: 101; 104).