Comune di Gambara

Il calendario: date fisse

Falò di Sant' Antonio Abate

(17 gennaio Sant' Antonio Abate)

  • Carte tematiche[Cibi][Esecuzioni sacrifici e supplizi simbolici][Fuochi e falò][Pratiche e pronostici divinatori][Propiziazione e terapia]

    Ogni anno il 17 gennaio a Gambara ed in alcuni paesi limitrofi della Bassa bresciana si commemora la festa di Sant'Antonio abate con cerimonie religiose, ma soprattutto con l'accensione serale di grandi falò.

    Tale usanza è nata nell'ambito della civiltà contadina a cui un tempo apparteneva tutta la popolazione gambarese, che viveva di agricoltura ed allevamento.

    Nei Gambaresi era profonda la devozione a questo santo, quale protettore degli animali da cortile. A Sant'Antonio, sempre raffigurato con accanto un animale domestico come il maiale, i contadini raccomandavano le stalle e la salute dei capi di bestiame durante i rigori invernali. Al santo inoltre è sempre stato associato il “fuoco”, simbolo di purificazione e rinnovamento. In suo onore perciò si bruciano alte cataste di legna.

    Questa tradizione, seppure in parte spogliata di una forte valenza religiosa e devozionale, è ancora molto viva nella nostra comunità. Anche se la festa cade in giorno feriale, coinvolge gran parte della popolazione nei preparativi domestici dei cibi tipici, nei gesti liturgici e nella costruzione del falò.

    Nella settimana precedente la festa di Sant'Antonio, gli appartenenti ad alcuni gruppi d'impegno della parrocchia con i membri delle associazioni sportive dedicano il tempo libero all'allestimento del falò. Si tratta di gruppi eterogenei di giovani, adulti e pensionati, tra i quali sono presenti i coltivatori diretti che prestano gli attrezzi agricoli ed il legname. Il lavoro inizia con la raccolta e l'accumulo in paese di fascine di rami, sterpaglie, paglia e assi di legno. Gli agricoltori ammucchiano questi materiali nelle cascine e nei campi, dove sono da poco state potate le piante che contornano i canali di irrigazione. La legna viene poi caricata sui carri e trasportata con i trattori in paese nei luoghi prescelti.

    I volontari muniti di guanti da lavoro, forconi e pale provvedono a scaricarla.

    Mentre in passato le cataste si preparavano nelle aie di ogni cascina e nelle piazze principali del paese, oggi i siti prescelti sono due o tre. Attualmente viene eretto un falò grande nella piazzuola a fianco del santuario della Madonna della Neve, affinchè vi possano accedere molte persone.

    Un falò secondario è preparato nel cortile della casa di riposo, per gli ospiti anziani e infermi.

    La fase preparatoria del falò consiste nella legatura dei rami in fascine.

    Tale compito è affidato ai volontari più anziani. Segue poi la creazione del basamento della catasta, di cui si occupano le persone più esperte: muratori, fabbri e agricoltori. Essi conficcano nel terreno quattro robusti pali di “rubinia” per delimitare i quattro angoli del basamento a pianta quadrata.

    Questi pali, che distano tra loro tre-quattro metri, fungeranno da sostegno per la parte inferiore del falò.

    Entra ora in azione la gru idraulica, attrezzo agricolo munito di una pala dentata, col quale si sollevano le pesanti fascine e le si depongono l'una sull'altra sopra la catasta. Alcuni uomini sono lì pronti a ricevere e sistemare orizzontalmente le fascine intrecciandole tra loro. Mentre la catasta cresce in altezza, i volontari vi allestiscono attorno alcune impalcature edili per facilitare i loro spostamenti.

    Oggigiono la fatica è alleviata dall'uso di questi strumenti e i volontari lavorano a turno, concedendosi alcune pause per sorbire il vino offerto dalla custode del santuario.

    I lavori per l'erezione del falò si svolgono in un clima di allegria e giovialità, sfidando il freddo pungente di gennaio e l'umidità della nostra campagna. I volontari si ritrovano assieme prima di sera e giungono sul posto indossando ancora gli abiti da lavoro e ben imbacuccati con pesanti giubbotti, stivaloni, guanti e berretti di lana. Mentre si danno da fare, coi visi arrossati dal gelo e i respiri fumanti, si scambiano battute dialettali appellandosi con i soprannomi tipici, dei quali nessun gambarese, volente o nolente, è privo. I vecchi rammentano i falò fatti in passato e danno consigli su come costruire l'attuale al meglio.

    Naturalmente le direttive sono impartite con fare autoritario dai promotori del falò, le persone che di solito partecipano ai preparativi di ogni manifestazione del paese.

    Attorno a loro si forma sempre uno stuolo di curiosi che seguono i preparativi. Tra di essi non mancano i bambini e gli anziani del quartiere, le massaie che interrompono per una breve pausa le loro faccende e coloro che rincasano prima dell'ora di cena. I preparativi si protraggono per due o tre giorni durante le poche ore di luce tra l'uscita dal lavoro e il tramonto.

    I lavoratori sfruttano infine tutta la giornata del sabato per dare gli ultimi ritocchi. Quando è terminato, il falò risulta essere una catasta alta circa quindici metri, dai lati ispidi e irregolari.

    L'ultima fase della costruzione è la confezione della “vecchia” da sistemare in cima al falò. La “vecchia” è un fantoccio realizzato con abiti dismessi imbottiti di paglia.

    La testa è ricavata di solito da un sacco di iuta, su cui viene posto un cappello di paglia intrecciata. Questo personaggio impersona l'anno “vecchio” coi suoi guai che va bruciato per far rinascere speranze nuove. In relazione ai fatti di attualità o a problemi sociali scottanti, al posto della “vecchia” i Gambaresi hanno bruciato negli scorsi anni altri personaggi e oggetti simbolici.

    Nell'anno della Guerra del Golfo (1991) è stato bruciato un fantoccio che rappresentava il leader iracheno.

    Di recente il gruppo parrocchiale del lavoro e della famiglia ha posto sul rogo un televisore di cartone. Esso rappresentava i mezzi di comunicazione di massa, ritenuti colpevoli di causare disgregazione e diseducazione della società.

    Contemporaneamente alla edificazione del falò, nella settimana che precede la festa di Sant'Antonio, hanno luogo nel paese altri gesti caratteristici.

    Dal punto di vista religioso avviene la benedizione delle stalle bovine, dei pollai e delle porcilaie. Il parroco si reca, su richiesta, con i sacri paramenti nelle cascine e negli allevamenti. Gli agricoltori per l'occasione ripuliscono il quadro di Sant'Antonio affisso nella stalla o la nicchia con la Madonnina e li addobbano con lumicini e rami d'edera, l'unica fronda ancora verde della nostra campagna. Attorno al parroco si radunano in religioso silenzio gli operai agricoli e gli abitanti della fattoria. Il sacerdote invoca la protezione del santo e asperge con acqua santa le pareti della stalla e il bestiame. Dopo il rito segue naturalmente un'offerta in denaro alla parrocchia.
    Per i Gambaresi la benedizione di Sant'Antonio è ancora un evento importante e assai richiesto.

    Per quanto riguarda le tradizioni culinarie di questa festa, nelle nostre famiglie sopravvive l'usanza di cucinare alcune dolci poveri quali le castagnole e le lattughe. Sopratutto le signore di mezz'età preparano i tortelli di zucca, un piatto agrodolce, secondo la tradizione antica. I tortelli si servono in tavola conditi con sugo rosso la sera del 17 gennaio.

    Quella sera stessa, nel santuario della Madonna della Neve, il parroco celebra la messa in onore del santo, commemorandone la vita ascetica nel deserto. La chiesetta è gremita di fedeli di ogni età e i bambini guardano divertiti la (IMMAGINE) del santo frate col “porcello”.

    Alle ore venti, a funzione conclusa, i fedeli escono in fretta per accaparrarsi i primi posti a ridosso delle transenne che circondano il falò.

    Sopraggiungono altri compaesani meno attratti dall'aspetto religioso e si forma così attorno alla torre lignea una notevole folla. I posti migliori sono riservati alle autorità locali: il sindaco, il parroco, il maresciallo dei carabinieri. Alcuni suoi uomini, assieme al vigile urbano sono presenti per garantire l'ordine durante la manifestazione. Alcuni giovani sono incaricati di cospargere il basamento della catasta con spruzzi di nafta e benziona e di appiccare il fuoco in più punti con alcune torce. Le fiamme subito divampano, illuminando i volti dei circostanti. La piazza scarsamente illuminata dai lampioni e da alcuni faretti all'improvviso si accende di luce e si riconoscono i volti dei vicini che erano celati da buio e nebbia. Tutti gli astanti osservano divertiti la corsa verso l'alto delle fiamme e premono per avvicinarsi e per godere del loro calore.

    Osservano lo svolgersi del rogo e molti di loro attribuiscono ad esso valore di buono o cattivo auspicio per il nuovo anno. Infatti sostengono che se il falò si rovesciasse subito oppure la “vecchia” cadesse prima di essere raggiunta dalle fiamme sarebbe segno di sventura.

    Onde evitare ciò, gli organizzatori forniti di forche ed aste si prodigano attorno al falò per convogliare verso l'alto la fiamma e puntellare i lati cedevoli.

    Il falò è uno spettacolo emozionante che suscita euforia e dinamismo nella folla. Mentre i bambini si rincorrono nel buio, tutti si spostano in continuazione per evitare le folate di fumo ed i lapilli.

    Il comitato organizzatore ristora i presenti offrendo frittelle e bicchieri di vino caldo, ma ecco che nella calca esplode un'ovazione all'unisono: la vecchia è caduta e tutti acclamano.

    Il momento culminante è giunto, trasformando in soddisfazione l'ansia dell'attesa. La combustione dure circa un'ora ancora, controllata dagli organizzatori. La folla frattanto si va gradualmente dissolvendo e restano solo i giovani che concludono in bellezza la serata arrostendo sulla brace salame novello e braciole di maiale.

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