Comune di Chiari

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Il Carnevale clarense una volta carnevale contadino

( Carnevale)

  • Carte tematiche
    [Azioni obbligate -ieri-]
    [Cibi][Giochi e gare -ieri-]
    [Mascheramenti -ieri-][Questue -ieri-][Scherzi -ieri-]

  • La signora Domenica Ravizza, 84 anni, residente a Chiari, ha raccontato le modalità con le quali si celebravano i giorni emergenti del Carnevale negli anni '50.

  • A quel tempo, in campagna, l'usanza di mascherarsi era molto seguita soprattutto nei giorni tra il giovedì e il martedì grasso, anche se il clima di festa aveva inizio già poco dopo l'Epifania.

  • Gruppi di persone, travestite e mascherate, detti i Màscher, si riunivano nelle cascine e nelle stalle. I Màscher erano costituiti quasi esclusivamente da giovani scapoli, perché la società di quel tempo disapprovava energicamente la partecipazione di donne o di uomini sposati a simili manifestazioni.

  • Il giovedì grasso (che precedeva la domenica di Carnevale) i Màscher facevano la questua nelle cascine del circondario alla ricerca di uova e lardo. Il gruppo, quindi, si riuniva nelle stalle e lì si divertiva a prendere di mira soprattutto le donne (irrise per la loro vanità) e i vecchi (rappresentati tutti come brutti e taccagni).

  • I Màscher non avevano costumi veri e propri, si limitavano a indossare abiti usati e lisi che coprivano con tele di sacco e palandrane consunte, per rendersi irriconoscibili essi si applicavano baffi e capelli finti fatti con le barbe delle pannocchie di granoturco.

  • Talvolta i Màscher si facevano prestare i carri agricoli dai padroni delle cascine e si recavano a esibirsi anche nei paesi vicini. Al loro arrivo entravano nelle stalle dicendo: “Largo, largo in questa stalla - che entra la maschera. - Più larghi starete, più bella la vedrete”. Eseguivano canti e danze, pronunciavano frasi piccanti e tenevano comportamenti scherzosi, talvolta rappresentavano vere e proprie farse dalle battute ricche di doppi sensi e di allusioni erotiche.

  • I padroni delle stalle erano tenuti ad offrire ai Màscher da bere e da mangiare, ciò era considerato un preciso obbligo sociale; in caso contrario, la compagnia dei questuanti in maschera precisava:

  • El sif che som a Carneàl - töcc i copa 'l so anemàl - o gros o picinì - töcc i ga 'l so salamì! - Oh padrù de la stala, - sö, va a caàm ona bocàla.

  • [Sapete che siamo a Carnevale - tutti ammazzano il proprio maiale - o grosso o piccolino - tutti hanno il suo salamino! - Oh padrone della stalla, su, va a spillarmi un boccale].

  • Gli ultimi giorni di Carnevale, veniva innalzato nella piazza del paese il palo della cuccagna e sulla cima erano poste in palio bottiglie di vino, salami e altri cibi. Il palo veniva spalmato di grasso e le squadre dei contendenti, formate in precedenza, dovevano sgrassarlo, aiutandosi con la segatura, e arrampicarvisi fino in cima per raggiungere i premi.

  • L'ultimo giorno di Carnevale vigeva l'assoluto divieto di recarsi al lavoro nei campi e chi era sorpreso all'opera dalle bande dei Màscher veniva legato e, per liberarsi, doveva offrire da bere alla compagnia dei suoi aggressori.

  • Il giovedì e il martedì grasso nelle famiglie si preparavano frittelle e lattughe cotte nello strutto: era questo l'unico modo consentito alle donne di dare il loro apporto concreto ai festeggiamenti del Carnevale.

  • Alla mezzanotte del martedì grasso, con i rintocchi delle campane, la Chiesa annunciava infine il termine del periodo di Carnevale.

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