”Il gioco è essenzialmente un'occupazione separata, scrupolosamente isolata dal resto dell'esistenza, e svolta in generale entro precisi limiti di tempo e di luogo. C'è uno spazio del gioco: a seconda dei casi, gli scomparti disegnati in terra per il gioco del mondo, la scacchiera per gli scacchi e la dama, lo stadio, la pista, il recinto, il ring, il palcoscenico, l'arena, ecc. Niente di quanto avviene all'esterno di questa frontiera ideale è da prendere in considerazione. Uscire dall'area stabilita per errore, per caso o per necessità, mandare la palla al di là del campo, a volte squalifica il giocatore, a volte comporta una penalità.
Bisogna ricominciare il gioco entro i confini pattuiti. Lo stesso dicasi per il tempo: la partita inizia e si conclude al segnale convenuto. Spesso, la sua durata viene stabilita in anticipo. Abbandonarla o interromperla senza una ragione di forza maggiore (gridando “arimorti”, ad esempio nei giochi infantili) è senz'altro disonorevole. Se è il caso, la si prolunga, previo accordo dei contendenti o decisione dell'arbitro. In tutti i casi, lo spazio del gioco è un universo precostituito chiuso, protetto: uno spazio puro”.
Roger Caillois, I giochi e gli uomini (1995: 22-23)