Comune di Asola

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Il burièl di Sorbara

(17 gennaio)

  • Ogni anno a Sorbara di Asola, località posta sulla deviazione della provinciale per Casalromano,la sera del 17 gennaio, ricorrenza della festa votiva dedicata a S. Antonio Abate detto affettuosamente chisulèr per i quintali di focaccia che vengono consumati e spediti anche, in grandi quantità, agli « extra muros », si accende il più grande falò o burièl che si possa pensare.

    L'intero paesino, agli ordini del parroco don Mario Carpeggiani, viene mobilitato per l'occasione. Squadre apposite provvedono per il materiale combustibile - legna, gomme di auto, paglia, palloncini, petardi, vecchie cassette - mentre altri operai hanno già provveduto per la scelta dell'albero maestro, un pioppo cupressino, altissimo sempre, « rubato » con il favore del giorno e del padrone del campo. Massaie e uomini di fatica intanto assieme all'oste del borgo, hanno già infilato catenelle di salami ai ferri, costine sulle brage, risotti a singhiozzo, boccali di lambrusco e fette di polenta a non finire.

    Verso le ore venti, in genere per strade e piazzette di Sorbara non si passa più oramai, tanta è la folla e la processione delle macchine, un incaricato accende il falò che subito scoppietta allegramente alla base per salire poi velocemente fino alla « strega » che, sulla cima dell'albero maestro tra petardi e palloncini brucia le « vanità », cancella mali e fatture e prepara alla nuova stagione. Sono questi i momenti più belli ed intensi del barièl. Drammatici si potrebbe addirittura dire, e pittoreschi. La folla è elettrica ed agitata. Sente che le fiamme riconsacrano, in letizia, un'antica consuetudine popolare, rinnovando in una grande gioia rumorosa tutte le affermazioni della vita.

    Il magnifico rogo, è accolto nel suo straordinario apparato, con grida di giubilo e battimani. C'è infatti chi pensa, anche se nessuno lo dice, che il burièl aggiornato ed ornato di simboli, scacci il malocchio, favorisca gli incontri amorosi, porti buoni affari e prodotti dei campi sani e generosi. Per questo le donne, quando attorno tutto tace, portano nelle case gli ultimi tizzoni del rogo per accendere i focolari domestici. É la bellezza della fiamma che si perpetua e, per legami misteriosi e sotterranei, ripete l'emozione del male che viene sconfitto.

    Sono leggi semplici, queste, estremamente umane e terrene. Un condensato di credenze popolari, forse vicine ad innocenti forme di superstizione che rivivono, però, per le nuove voci ed i nuovi accenti della tradizione.
    Il valore simbolico della fiamma, la suggestione spettacolare del fuoco, agiscono sempre sulla trepidante attesa della folla.
    Per qualcuno il burièl è addirittura un campionario di pene dentro il quale si possono vedere bruciare le cattiverie del vicino di casa più che le proprie.

    A Sorbara di Asola dunque ogni anno, il 17 gennaio, sera di S. Antonio Abate, molto meglio conosciuto come S.'Ntòni Chisolèr protettore degli animali, si accende un falò che raggiunge quasi sempre la rispettabile altezza-primato di 25 metri.
    Ci sono i fuochi d'artificio, le centinaia di petardi, le calze bianche, scarto di calzifici del luogo, appese alla impalcatura con i palloni multicolori, come ad un gigantesco albero di Natale.
    Attorno poi i mini-falò introduttivi, i razzi colorati, il bandòto musicale che suona allegre marcette ed il pancone dove gli addetti ai lavori sfornano, a ripetizione, polenta, salame e vino contro i rigori del freddo.
    Intanto che, velocissime, le fiamme divorano gomme, legna, petardi ecc. tutti gli occhi della gente eccitata dal calore, dagli scoppi e dal lambrusco, si alzano verso la vècia posta alla sommità del burièl e sistemata in abiti di scena con capelli finti, stracci, carte e bombette di puzzo. Se il fantoccio brucia e cade sarà un'annata poco piacevole per il lavoro dei campi. Se invece si inceneriscono abiti, ombrello e simboli vari nella direzione giusta del vento, che viene attentamente studiata, e la struttura portante della strega resta in piedi tra le miriadi di faville prodotte dalla paglia incendiata, i contadini possono guardare con fiducia alla promessa delle messi. Ed è anche questa una componente socio-culturale-pagana tradotta in linguaggio spiccio, casalingo, alla ricerca del benessere personale da tradurre poi in collettivo. Battista Piafrini quasi centenario del luogo diceva che il burièl di Sorbara c'è sempre stato. Lo assicuravano, per via diretta, i suoi nonni e bisnonni.

    L'iniziativa ha avuto naturalmente nei secoli i suoi alti e bassi. Un periodo florido, come è l'attuale che si realizza per volontà corale del paese inquadrato dalla locale Società Sportiva, il burièl di Sorbara lo conobbe ai tempi del conte Paolo Tosio, signore del luogo (1773-1843) dottore in legge, titolare della splendida pinacoteca che a Brescia porta il suo nome.
    II nobile asolano durante una furiosa epidemia del cosiddetto « fuoco di S. Antonio » volle, per voto di popolo, fosse collocato nella chiesa patrizia del borgo un quadro di pregevole fattura che riproducesse l'immagine del santo anacoreta della Tebaide, uno dei fondatori della vita monastica dell'Oriente, istituendo anche una festa religiosa dedicata a S. Antonio che ricevette particolari devozioni affinché a Sorbara fosse debellato il morbo, suggerendo inoltre ai giovani del luogo di alzare in onore del patriarca un falò « il più alto possibile ». Per ricompensa, ultimati i lavori, i contadini-costruttori ricevevano una focaccia detta appunto di S. Antonio con incisa la data, un cartoccio di pàn biscòt ed un boccale di vino bianco.
    È capitato anche che giovani invidiosi di altri paesi bruciassero il falò prima della data tradizionale. Così il Comitato locale decise, eravamo nell'altro secolo, di prefabbricare il burièl e di trainarlo poi, con coppie di buoi, nel campo prescelto per il rogo il giorno stesso della sua accensione.

    Anche il falò di Sorbara, come si diceva, ha avuto anni di carestia. Ma si e sempre fatto. Così per non tradire storia ed usanze antichissime, si alzavano enormi cumuli di cespugli di rovo e di stocchi di granoturco. La poca legna serviva per scaldare a malapena le case. Le fascine, raccolte a spanna nei campi, venivano accatastate per il fuoco del bucato di primavera. Da quei lontani giorni di miseria è rimasta a Sorbara una gentile consuetudine. La legna che avanza dopo avere costruito, il più alto possibile, il burièl, viene distribuita, oggi ancora ai più poveri del paese.
    Questo il burièl di Sorbara del quale ora si occupa la stampa a tiratura nazionale, stazioni radio e Tv che arrivano nel borgo asolano per riprendere i momenti particolari del rogo e della folla che segue attonita, plaudente ed eccitata, folla affluita nella speranza di trovare, forse, un certo equilibrio, bontà dimenticate, inespresse virtù popolari in mezzo a tante brutte vicende, un'ora di svago e di fiduciosa allegria.

    (Alcide Azzoni, Folclore Asolano, in Mondo Popolare in Lombardia 12 Mantova e il suo territorio, Milano 1982).

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