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Strepiti e suoni

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”Il rumore -un rumore spesso ininterrotto, soverchiante, che frastorna e insieme esalta- appare spesso una componente essenziale della ritualità carnevalesca tradizionale, ma non è specifica di questa: ché anzi essa è presente in vari altri settori della vita tradizionale, investendo con alcuni aspetti particolari sia la sfera della vita pratica, sia la sfera cerimoniale, in un intreccio assai complesso e per molti aspetti problematico (.).

Il mezzo produttore di suono più specificamente legato alla ritualità carnevalesca costituito dai campani che normalmente vengono usati come mezzo di segnalamento e di controllo degli animali, bovini o ovini, o dai sonagli di cavalli e muli. Sul piano dello spettacolo, il suono continuo e ossessivo dei campanacci crea l'atmosfera, lo spazio uditivo, di moltissimi carnevali: annuncia e rende presente, formando in qualche modo un parallelo a quanto fa il suono continuo delle campane della chiesa durante una festa religiosa (.).

La sonorità dei campanacci si colloca per così dire al confine tra il rumore -un suono cioè irregolare, confuso, sgradevole- e la musicalità,  e può varcarlo sia in un senso sia nell'altro, assumendo di volta in volta un carattere completamente e volutamente disordinato e dissonante, o invece, attraverso vari accorgimenti (scelta di campani intonati, speciali movimenti dei mascherati) una qualità musicale o ritmica. Più in generale, in un rito carnevalesco il momento del rumore comunque ottenuto può contrapporsi in modo preciso a momenti prettamente musicali e coreutici (.).

Rimane invece estranea alle cerimonie di carnevale un'altra modalità di produzione di rumore, che pure di per sé ha un'importante presenza in altri ambiti tradizionali: quella che consiste nel battere fragorosamente, da parte di gruppi più o meno numerosi di persone, coperchi e recipienti vari, suonare corni, agitare o tirarsi dietro catene, trascinare sul selciato grappoli di latte vuote legate tra loro. Questi comportamenti compaiono da un lato, come è noto, negli charivari o scampanate per il matrimonio di vedovi, e dall'altro in occasioni calendariali del periodo invernale (.).

Un carattere molto particolare, nell'ambito della Settimana Santa, hanno gli «strepiti» -un tempo diffusissimi- che seguono l'Ufficio delle Tenebre, nel Venerdì santo, e che formalmente costituiscono, per così dire, una amplificazione o una ipertrofizzazione di un suo atto indicato dalla liturgia (.). Interpretati come imitazione dello strepito dei giudei contro Cristo, oppure come battiture inferte a Barabba (da cui la denominazione di «battere Barabba»), o ancora come riproduzione della flagellazione di Cristo, essi possono assumere dimensioni davvero sconcertanti”.

Italo Sordi, “Rumori e suoni di carnevale”, in Franco Castelli e Piercarlo Grimaldi (a cura di) Maschere e corpi. Tempi e luoghi del carnevale (1997: 168, 169, 172, 175-76, 177 n. 2).