Comune di Vobarno

Il calendario: date fisse

Il Gioco della Piona

(26 Agosto Sant'Alessandro)

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  • In occasione del pellegrinaggio estivo alla chiesetta dedicata a Sant'Alessandro, i vobarnesi, nel pomeriggio del giorno di festa, si svagavano con il gioco popolare detto piona.

    L'origine del termine è incerta: nei dialetti bresciani è attestata la voce piona oggi caduta in disuso, col significato dell'italiano “pialla”, di cui dovrebbe condividere anche l'etimologia, derivando entrambe dal latino planum.

    Piona è usato anche nel senso di piede, impronta del piede, pedata (lunghezza di un piede). La seconda accezione pare comunque la più probabile, giacché la distanza, come vedremo tra poco, delle bacchette che segnano il campo da gioco corrisponde tradizionalmente alla lunghezza di un piede. In ogni caso, se e come entrambe le accezioni riportate abbiano qualche riferimento al gioco in questione, lascio al lettore di verificarlo.

    Come si gioca a piona ? Innanzitutto è preferibile che il gioco si svolga su uno spiazzo erboso; cemento e asfalto, presto vedremo il perché, sono vivamente sconsigliati. Vengono poste parallelamente sul terreno, a una distanza approssimativa di un piede, circa venti, venticinque centimetri, un certo numero (cinque, sei, sette) di bacchette; si usa questo accorgimento perché non mi risulta esista modo altrettanto spiccio per segnare delle righe sull'erba. Sorteggiato (solitamente con il collaudato metodo delle buschete ) uno dei giocatori, il cui numero può variare liberamente (di solito non meno di cinque e non più di dieci, ma non esiste regola fissa), egli si pone chino a cavallo della prima linea in posizione tale che la sua spina dorsale sia parallela alle bacchette.

    A turno e gridando piona ! gli altri giocatori lo saltano, col solito metodo usato in palestra per la cavallina. Terminato il giro, il sorteggiato si sposta sulla seconda linea, mentre gli altri giocatori tornano a saltare, battendo il piede per il salto essi non dovranno però superare la prima linea. Terminato il giro, colui che “sta sotto” si sposterà sulla terza linea e così via, rendendo il salto sempre più difficile. Se uno dei giocatori supera col piede la prima linea, per un motivo o per l'altro non riesce a saltare o, inlocalità gravissima, non grida piona, andrà ad affiancarsi al compagno destinato a “star sotto”: a questo punto il giro riprenderà da capo, ovviamente con difficoltà sempre maggiore poiché, nel prosieguo del gioco, aumenterà via via il numero dei giocatori da saltare e diminuirà quello dei saltatori. A questo punto di solito il pubblico si sarà fatto più numeroso, le grida di incitamento più vive e partecipate, la tensione e l'impegno più forti.

    É il momento in cui la piona si fa davvero avvincente e spettacolare risultando impossibile anche al più atletico dei concorrenti prodursi col metodo utilizzato all'inizio (quello della cavallina) in un salto che può arrivare anche a cinque, sei metri, o più; il giocatore, presa un lunga rincorsa, si tuffa letteralmente sulle schiene dei compagni, vi rotola sopra con una acrobatica piroetta e, se tutto va bene, ricade, tra gli applausi dei presenti dall'altra parte della fila, possibilmente in piedi.

    Appare quindi evidente anche il motivo per cui la piona è in genere praticata esclusivamente su terreni erbosi. II gioco è terminato, il campione, baldanzoso come un vincitore di Olimpia, attorniato dai compagni e dalla folla, animatamente, commenta l'andamento della gara, va a distendersi all'ombra di qualche albero affidando a una gigantesca fetta d'anguria o, ancor meglio, a un buon bicchier di vino il compito di spegnere la sete.

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