Comune di Berzo Inferiore

Il calendario: date fisse

Leggenda di San Glisente

(ultima domenica di luglio)

La festa tra storia e leggenda
La festa ieri e oggi
un Santo non cristiano ?

  • “L'agostiniano padre Beniamino Zacco di Pontevico, attingendo da un'antica scrittura conservata negli atti della chiesa di Berzo e da altri documenti del notaio Francesco Celeri da Lovere, nel 1662, quando fu priore nel convento della Madonna della Neve a Pisogne, ci lasciò una sua ampia versione della vita-leggenda di S.Glisente. Egli scrisse che S.Glisente fu un valoroso comandante dell'esercito di Carlo Magno, Re dei Franchi. Egli seguì Carlo Magno fino in Valle Camonica, detta “Oriola e monti di Blasia”, dominata dai principi longobardi, conquistò questa Valle fino al Mortirolo, ma poi egli non si sentì più di seguire il suo sovrano e lo implorò di potersene restare in quei luoghi. Così Glisente prese l'abito di romito e si ritirò su un monte di Berzo.

    ”In quel luogo selvaggio trovò una spelonca, che scelse per sua dimora, ma ben presto si trovò senza il necessario nutrimento e allora pregò… e Dio, dando orecchi alla bontà del suo servo, ordinò a un'orsa che ogni giorno gli portasse pomi, radiche e frutti selvatici… anco una pecora compariva, con le mammelle piene di latte, ne faceva devota offerta alla parsimonia del santo”.

    Stando alla leggenda, Glisente morì lassù il 6 agosto del 796. Il giorno dopo alcuni pastori, mentre salivano sul monte, videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sopra la spelonca. Qui trovarono il corpo dell'eremita, lasciarono alcune sue reliquie nella spelonca e ne portarono altre nella chiesa di S.Lorenzo in Berzo Inferiore. La storia prosegue narrando che “Gli abitanti di Collio, invidiando sì prezioso tesoro, usurparono la tomba e trafugarono il santo corpo per trasferirlo al loro paese… Dio fece divenire ciechi i rattori, i quali lo riportarono nella sua tomba, ad intercessione del Santo recuperarono la vista confessando il loro errore…”.

    Leggende simili furono scritte alla fine del Seicento anche da Padre Gregorio Brunelli di Valle Camonica (”Curiosi trattenimenti…”) e dal cappuccino Padre Eleuterio da Palazzolo (”Vita del gran campione del cielo S.Glisente Francese”), che però, nella parte finale, attribuisce il ratto delle spoglie del santo agli abitanti di Bagolino.

    A Berzo Inferiore e dintorni esiste tuttora una leggenda (raccolta da Andrea Morandini) su S.Glisente e i suoi fratelli: S.Fermo e S.Cristina, giunti in Valle Camonica al seguito dell'esercito di Carlo Magno e poi ritiratisi in eremitaggio. Glisente (aiutato dall'orsa) sui monti di Berzo, S.Fermo (assistito anch'egli da un'orsa, da un'aquila, e dal suo scudiero Rustico) su quelli di Borno e S.Cristina sui monti di Lozio. Prima di separarsi per sempre i tre fratelli strinsero il patto di comunicare tra loro a ogni calar della notte per mezzo di un falò che ciascuno avrebbe acceso fuori dal proprio romitaggio. Glisente, per mettere in contatto Fermo e Cristina i quali non potevano comunicare direttamente, accendeva due falò. Così per diversi anni i valligiani ammirarono ogni sera quei fuochi sui monti, finchè col passar degli anni quelle luci una alla volta si spensero per sempre. Dei tre eremiti, narra la leggenda, l'ultimo a morire fu Fermo”.


    ”Districandosi tra leggende e supposizioni e raccogliendo validi argomenti storici, don Alessandro Sina - scrive Antonio Fappani (1983, IV, p. 97)- ha rivelato notizie più plausibili su S.Glisente. Secondo il Sina S.Glisente fu un nobile camuno di origine franca, probabilmente epigono di quei “domini”, ossia signori di Berzo, discendenti da una delle tre famiglie franche di Esine citate nella donazione di Giselberto del 979. Costoro, nel sec. XI erano stati investiti, e divennero poi proprietari di vasti possedimenti che il monastero di S.Pietro in Monte aveva ricevuto in dono dall'Arciprete di Manerbio, Arderico, fra cui le montagne pascolive di Val Gabbia, Cavale e Roncole, confinanti con i territori di Bienno e di Esine. Fu probabilmente sul monte Roncole che il nobile Glisente, seguendo l'esempio di S.Costanzo, S.Obizio e molti altri, si ritirò a vita di preghiera e di meditazione, svolgendo apostolato fra i molti pastori e i mandriani che vivevano su quei monti e soccorrendoli, consigliandoli e scendendo a Berzo soltanto la domenica e lungo l'inverno.Sul monte poi sarebbe morto e sulla sua tomba venne edificata la prima chiesa.

    Da segnalare però un'ipotesi avanzata da P. Guerrini nel 1911. S.Glisente potrebbe essere stato un frate Umiliato, fondatore di una casa di Umiliati sul monte di Berzo, intorno alla medesima epoca in cui S.Costanzo di Niardo fondava e dirigeva la casa degli Umiliati in Conche. Anzi, ancora secondo il Guerrini, il santuario di S.Glisente potrebbe essere stato la “domus de Eseno” (casa di Esine), ricordata da un antichissimo catalogo delle Case Umiliate.

    Tra molte supposizioni mi sembra che se ne possa avanzare una tutta nostra che può ricuperare in parte la teoria del Gunter Gass del santo nobile e quella più psicologica del Le Goff. Perchè non ritenere che santi come Glisente, Fermo, Cristina e altri come Obizio ecc. non siano altro che delle benefiche persone del luogo idealizzate poi dalla popolazioni conquistate dal loro slancio caritativo e religioso”.

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